domenica 27 aprile 2025

Thea Rimini - PERSONAGGI RESISTENTI - Treccani

 
Thea Rimini
PERSONAGGI RESISTENTI
L'immaginario letterario e cinematografico della lotta antifascista

Treccani
collana Vsioni / 60
aprile 2025
pp. 176, euro 18
ISBN 9788812012473


Un’energica popolana nella Roma occupata (Pina di Roma città aperta), un bambino entrato per gioco in una brigata partigiana (Pin del Sentiero dei nidi di ragno), un partigiano ventenne «brutto» ma con degli occhi «notevoli» (Milton di Una questione privata), una ragazza ebrea che gioca a tennis nel giardino di casa (Micòl del Giardino dei Finzi-Contini), una sedicenne costretta a fare i conti con il disagio postbellico degli ex combattenti (Mara di La ragazza di Bube). Alla vigilia dell’80° anniversario della Resistenza, queste potenti invenzioni narrative o cinematografiche continuano a rappresentare nel nostro immaginario l’idea di lotta antifascista nei suoi risvolti di mito e antimito, di collettivo e privato, nel suo proiettarsi verso il futuro o nel suo ripiegarsi sul passato. Pina, Pin, Milton, Micòl e Mara, i protagonisti resistenti di questo volume, sono un ineludibile termine di confronto per chi ha voluto raccontare la Resistenza negli anni Duemila. Se il discorso pubblico non sempre è riuscito a dare un’immagine plurale della lotta partigiana, la letteratura, il cinema e il fumetto hanno vinto la scommessa consegnandoci una variegata costellazione di personaggi, ai quali sarà affidato il difficile compito di continuare a raffigurare la guerra civile quando non ci saranno più testimoni capaci di farne memoria.

Un estratto

Pina o la Resistenza corale
Un assembramento, uomini e donne si accalcano e urlano. Li vediamo di schiena finché una di loro non si stacca dal gruppo e, esausta, porta una mano alla fronte: è la sora Pina, la popolana interpretata da Anna Magnani e protagonista di Roma città aperta (1945) di Roberto Rossellini. Film leggendario sull’occupazione nazista della capitale, Roma città aperta inizia a essere girato nel gennaio del 1945, quando la guerra era ancora in corso. Sono ben note le difficoltà materiali incontrate da Rossellini nella realizzazione del film con la pellicola che scarseggia, la corrente elettrica intermittente e gli studi di Cinecittà occupati dagli sfollati; ma è altrettanto noto come quelle costrizioni siano divenute le cifre espressive del neorealismo1, movimento polifonico che ha segnato la fine della guerra e il nostro dopoguerra e ci ha consegnato un patrimonio emotivo comune, ineguagliato negli anni successivi.
La scena appena descritta si colloca poco dopo l’inizio del film e racconta l’assalto al forno compiuto dagli abitanti per far fronte alla penuria di viveri. È l’inverno del 1944 ed è iniziata la liberazione dell’Italia da parte degli Alleati, ma non sono ancora arrivati nella capitale, che rimane sotto il controllo dei nazifascisti. Il popolo è stremato e nel rione popolare del Prenestino si organizza la resistenza partigiana. Capo della cellula del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) è l’ingegnere Giorgio Manfredi (Marcello Pagliero), comunista. Accanto a lui lottano il tipografo Francesco (Francesco Grandjacquet) e l’operaia Pina, prossimi alle nozze, e il prete don Pietro (Aldo Fabrizi), lontano dalla chiesa istituzionale ma portavoce di un ideale di umanesimo cristiano. Manfredi, Pina e don Pietro verranno uccisi dai nazisti, ma il loro sacrificio, come vedremo, contribuirà a costruire la nuova Italia.
Si diceva del gesto con cui scopriamo per la prima volta il personaggio di Pina. Quella mano portata alla fronte restituisce tutto il senso di spossatezza ed esaurimento della donna, ma il suo non è certo un atteggiamento rinunciatario. Al brigadiere che la soccorre alludendo alla sua condizione (poco dopo sapremo che è incinta) – «Sora Pina, ma è una pazzia nel vostro stato» – lei risponde con spirito battagliero: «Ma che devo mori’ de fame». E subito dopo inveisce contro una donna che la strattona: «Ma va a mori’ ammazzata».
Quella di Pina è un’indole ribelle che si accompagna però a un’istintiva solidarietà: al brigadiere repubblichino che si offre di portarle a casa la borsa pesante regalerà persino un paio di pagnotte conquistate con fatica. In lei i sentimenti hanno il sopravvento sulla fede e sulla ragione: confessa a don Pietro di vergognarsi di andare all’altare già incinta, ma si giustifica dicendo che a volte si fanno delle cose «senza pensarci», che lei era innamorata e Francesco un uomo onesto.
Del passato di Pina sappiamo pochissimo: è vedova, ha un figlio piccolo, Marcello, ma nulla viene detto sul padre del bambino o sulla sua morte. Pina è un personaggio che vive nell’azione. Non solo. La scelta di non soffermarsi sul passato di Pina risponde a una precisa esigenza di poetica: Rossellini intende raccontare il presente in presa diretta e annunciare il futuro, non tornare indietro al tempo già trascorso.
L’adesione di Pina alla lotta partigiana è istintiva, prima che ideologica o politica, e si accompagna ad ansie, dubbi, paure. Lo provano due momenti: il dialogo per strada con don Pietro e l’ultimo, intimo colloquio con Francesco sulle scale del loro palazzo. Accompagnando il prete, Pina professa la fede in Dio e rivendica la scelta di sposarsi in Chiesa benché sia incinta. D’altronde, continua, è meglio che il matrimonio sia celebrato da un prete come don Pietro piuttosto che da un ufficiale fascista. Nondimeno interroga il sacerdote: «Ma chi ce le farà dimentica’ tutte ’ste sofferenze, tutte ’ste ansie, ’ste paure! Ma Cristo non ce vede?». All’inizio il parroco le risponde da uomo di Chiesa: «Ma siamo sicuri di non averlo meritato questo flagello? Siamo sicuri di aver sempre vissuto secondo le leggi del Signore? […] Sì il Signore avrà pietà di noi, ma abbiamo tanto da farci perdonare. E per questo bisogna pregare, e molto perdonare».

Thea Rimini insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Liegi. È autrice di diversi saggi su autori del secondo Novecento (Tabucchi, Bassani, Malaparte, Calvino), sulla relazione tra letteratura e cinema e sulla storia della traduzione tra Belgio e Italia, tra i quali Album Tabucchi. L’immagine nelle opere di Antonio Tabucchi (Sellerio, 2011), Arti transitabili. Letteratura e cinema (Cesati, 2020). Ha curato Tabucchi postumo. Da Per Isabel all’archivio Tabucchi della Bibliothèque nationale de France (Peter Lang, 2017), Giorgio Bassani, scrittore europeo (Peter Lang, 2018), Calvino, Tabucchi, et le voyage de la traduction (pup, 2022); e, insieme a Paolo Mauri, l’edizione delle opere di Tabucchi nella collana “I Meridiani” Mondadori (2018).

Nessun commento:

Posta un commento