B. Traven
IL TESORO DELLA SIERRA MADRE
(titolo originale Der Schatz der Sierra Madre, 1927)
traduzione di Matteo Pinna
presentazione di Timothy Heyman
WoM Edizioni
collana Neri
aprile 2025
pp. 324, euro 21.50
ISBN 979-12-810069-7-2
“Tre uomini partono alla ricerca dell’oro nella Sierra Madre, ma l’avidità trasforma il loro sogno in un incubo”.
Dobbs, Curtin e Howard, uniti dalla miseria, si avventurano nelle montagne della Sierra Madre inseguendo la leggenda di un tesoro nascosto. L’oro, simbolo di libertà e redenzione, diventa presto una maledizione. La febbre dell’avidità corrode la loro fiducia, alimentando sospetti e violenza. La natura ostile e l’animo umano si fondono in una spirale distruttiva, rivelando la fragilità delle loro anime…
Il tesoro della Sierra Madre (1927) esplora l’avidità e i suoi effetti devastanti. Una storia potente che ispirò il film capolavoro di John Huston con Humphrey Bogart.
Così, nel 1926, in una lettera inviata al proprio editore americano, B. Traven avvertiva: «Quando si cerca un lavoro da guardiano notturno o da lampionaio, viene richiesto un curriculum vitae. Ma questo non è qualcosa da pretendere da un lavoratore che crea opere intellettuali. È poco educato ed è un invito alla menzogna…». Utilizzando tutte le tecniche di mimetizzazione per sovvertire le trappole dell’identità, quest’eterno clandestino, resterà fedele al suo adagio: «L’uomo creativo non deve avere altra biografia, al di fuori delle sue opere». Da qui l’assoluto mistero che lo circonda. Chi è B. Traven? Il fotografo ed esploratore Berick Traven Torsvan? Il contrabbandiere e agente cinematografico Hal Croves? L’attore e rivoluzionario in esilio Red Marut e contemporaneamente il rifugiato politico Otto Feige? Jack London sotto mentite spoglie? Tutte le ipotesi, comprese le più strambe, sono state tentate, per un totale di una trentina di pseudonimi, più o meno altrettanti luoghi e date di nascita e quattro o cinque nazionalità diverse.
«Faccia il favore, tolga di mezzo quel dannato “misterioso” se cita il mio nome o il mio lavoro. Non c’è nessun mistero in me, sul serio, non un briciolo di mistero. Tutto il mio mistero è che odio i columnist, gli scrittori a soggetto, i giornalisti strappalacrime e i recensori che non sanno nulla del libro di cui parlano.
Non c’è gioia e soddisfazione maggiore per me che essere sconosciuto come scrittore quando incontro una persona o vado in un posto. Soltanto in questo modo posso essere me stesso e non essere costretto a recitare».
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